1 Corinzi 7, 29-31 Cambiare priorità (J. Perrin)

1. Lo strano contesto dell’escatologia
Ecco il contesto dei nostri versetti di stamattina: la realtà delle relazioni sessuali e della loro corretta gestione. Eppure se leggiamo solo i versetti 29 a 31, senza tener conto del resto del capitolo, essi danno l’impressione di fare astrazione dal mondo, dalla vita, dalle passioni. Invece le parole di Paolo si inseriscono proprio nel contesto delle passioni umane e tendono a relativizzarle perché ciò che conta è l’imminente ritorno del Signore. Ne traggo due insegnamenti. Il primo è che, nel discorso di Paolo, non c’è nessuna traccia di un matrimonio-istituzione garante della stabilità della società. Perché? Proprio perché Paolo non orienta la sua riflessione verso il futuro del mondo ma verso l’imminenza del ritorno di Cristo! In questo contesto nessuna decisione, nessuna scelta, nessuna forma è destinata a durare. Al contrario tutto è destinato a finire presto. Il secondo insegnamento riguarda invece la condizione migliore, quella della verginità o del celibato. E’ chiaro che nel contesto in cui Paolo scrive questa è la condizione più adeguata. Essa permette all’essere umano, uomo o donna, di dedicarsi completamente alla preghiera, alla lode del Signore, alla meditazione nel tempo che lo separa dal ritorno di Cristo. Questa castità è una condizione prevista per non durare perché il mondo sta per finire, perché il regno si sta avvicinando. Insisto su questi elementi perché spesso il cristianesimo di tutte le confessioni, quando parla di matrimonio, di celibato o di castità, tende a dimenticare che Paolo contempla questi stati personali in una prospettiva escatologica, per un tempo breve. Di conseguenza questi testi biblici non possono essere usati per difendere una visione conservatrice del matrimonio o per esaltare la castità come se essa fosse l’unica via per avvicinarsi a Dio. Paolo dice: il tempo viene, Dio sta tornando, pensiamo solo a questo, e non lasciamoci sviare dal desiderio e dalle passioni irreprimibili del nostro corpo. Ma il tempo non è ancora venuto. Allora cosa facciamo delle parole di Paolo?
 
2. Le priorità che cambiano

L’insegnamento più vivace e più profondo delle parole di Paolo per noi oggi, lo leggo nel mutamento delle priorità, nell’accogliere cose nuove, inedite, inaspettate. Anzi direi che la trasformazione delle priorità potrebbe diventare un vero stile di vita per il tempo della crisi. Il tempo che doveva arrivare non è arrivato e i cristiani si sono installati comodamente nelle civiltà di tutte le epoche. Tranne nei primissimi tempi il cristianesimo è sempre stato alleato, complice o addirittura mentore del potere politico. E così esso ha fallito la sua missione originaria che invitava invece a non adeguarsi alle regole del mondo, a non installarsi mai nel conservatorismo, a rimanere sempre vigili perché il Signore potrebbe tornare “come un ladro nella notte” (1 Tessalonicesi 5, 2). In un certo senso potremmo dire che il cristianesimo ha seguito l’onda del potere e della conservazione della società attraverso i secoli. Certe chiese si sono addirittura compromesse e hanno tradito l’Evangelo. A poco a poco il cristianesimo ha dimenticato il senso del tempo e ha confuso il tempo del mondo e il tempo di Dio. Invece qui Paolo ci restituisce il vero senso del tempo e della storia. E dice: la figura di questo mondo passa (v. 31). La figura, la forma, l’essere conformi a questo mondo passa, non dura, e la nostra modesta missione è di agire e di vivere come se il tempo di Dio fosse già alla porta. Perché sappiamo che questo tempo finirà e perché crediamo che il tempo che viene porterà giustizia laddove c’è ingiustizia, libertà laddove c’è oppressione, cibo laddove c’è carestia, pace laddove c’è violenza.

AllegatoDimensione
sermone di domenica 21 ottobre 201239.33 KB
Centro Culturale - Comunità - Biblioteca
copyright Comunità Cristiana Evangelica di Bergamo