Giovanni 1,35-42 – Sulle orme di Gesù (Janique Perrin)

La questione dell’interpretazione è onnipresente in questo testo. Infatti ben tre volte delle parole del testo vengono come spiegate o tradotte in una parentesi. La prima è “rabbì” e il testo dice “che tradotto vuol dire maestro”; la seconda è la parola “Messia” e il testo aggiunge “che tradotto vuol dire Cristo”; e infine quando Gesù dice a Simone “Sarai chiamato Cefa”, l’autore del testo aggiunge “che si traduce Pietro”. Ho scelto di fermarmi su questo aspetto del testo, non tanto per riprendere l’analisi del significato di queste parole nel contesto del vangelo di Giovanni quanto per insistere più generalmente sul lavoro di interpretazione richiesto dalla lettura della Bibbia. Perché non è solo questione di traduzione ma anche di interpretazione, cioè di un tentativo per dire con altre parole ciò che il testo significa. E aprire così le porte a una certa soggettività. Il filosofo protestante francese Paul Ricoeur ha dedicato una buona parte delle sue ricerche all’interpretazione dei testi, biblici e altri, e ha inventato un’espressione molto bella e precisa per parlare di tutto ciò che circonda un testo. Ricoeur parla del “mondo del testo”, cioè tutto ciò che rimane non detto intorno a un testo e che cambia per ogni lettore a seconda della sua storia, della sua vita, della sua cultura.
 

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