Isaia 6,1-3 (Luciano Zappella)

I racconti di vocazione dei profeti sono sempre affascinanti. Sembrano quasi scene da film di avventura. Basti pensare al primo e più grande dei profeti ebraici, Mosè, alle prese con lo spettacolo del roveto ardente. Oppure alla vocazione di Geremia (1,9), con il Signore che tocca le labbra del profeta e gli mette in bocca le parole. O ancora al profeta Ezechiele, che addirittura mangia un rotolo (che gli sembra dolce come il miele) prima di proclamare il suo messaggio alla casa di Israele. Ma la scena della vocazione di Isaia è ancora più grandiosa e scenografica e si divide sostanzialmente in tre momenti. Il primo consiste nella manifestazione di Dio (teofania): il testo ce lo presenta nel tempio, seduto su un trono con il mantello che occupa tutto lo spazio, e circondato dai serafini (serafim, «coloro che bruciano»). Il tutto accompagnato da effetti speciali, quali il fumo e il terremoto. Nel secondo momento, avviene la purificazione delle labbra del profeta con un carbone ardente portato da uno dei serafini. Infine, il terzo momento, quello della missione profetica, forse la parte più drammatica, per-ché qui vengono pronunciate parole molto dure e anche un po’ misteriose.

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